La filosofia nel lontano mondo orientale l’abbiamo già incontrata nella recensione di “Sun Tzu L’arte della guerra” ed oggi torniamo a parlare di questo fantastico settore, mai troppo distante da noi, proponendovi Il Libro dei Cinque Anelli edito dalla Oscar Mondadori scritto diversi secoli fa da Miyamoto Musashi.
Probabilmente lo conoscerete in pochi, sicuramente ne avrete sentito parlare almeno una volta nella vostra vita, ma sapete bene che a noi piace leggere le cose in modo differente e, in questo caso forse più che in altri, bisogna partire proprio dall’autore e dal principio.
Miyamoto Musashi, nacque nel 1548 in un villaggio della provincia di Mimasaka, figlio di una famiglia proveniente dal clan Arima di Kyushu, vassalli del castello di Takeyama, nel pieno di quello che storicamente è conosciuto come l’epoca del “medioevo giapponese”.
In quel tempo, era molto forte la rivalità tra i clan giapponesi intorno all’autorità dell’imperatore per la conquista dei nuovi territori da una parte e la lotta sanguinaria contro i tentativi di invasione da parte delle bellicose popolazioni confinanti, periodo nel quale si enfatizzò il ruolo dei guerrieri che agivano nel mondo povero e contadino, ma fonte di estrema ricchezza e potere. Era il tempo dei Samurai e dei Ronin, fedeli combattenti implacabili dei signori i primi, guerrieri rinnegati al servizio di sé stessi i secondi.
Trovatosi ben presto orfano di madre e abbandonato dal padre, Miyamoto, fu affidato ad uno zio materno che gli insegnò i rudimenti della scherma, arte nobile del tempo, con lo scopo di domare il suo temperamento estremamente aggressivo e violento. Eccezionalmente capace con l’arte della spada e, soprattutto, abilmente violento nello sferrare colpi da maestro già all’età di tredici anni nonostante ne dimostrasse molti di più, Musashi, divenne presto un guerriero samurai conosciuto e temuto, perennemente errante in un pellegrinaggio senza meta alla ricerca di avventure e affermazione personale, ricercato dai grandi signori terrieri che guerreggiavano tra loro per averlo nelle rispettive corti come se fosse un trofeo vivente da mostrare.
Documenti storici del tempo riportano delle sue gesta indicibili durante più di sessanta battaglie ed incontri, senza mai una sconfitta e prima ancora che compisse i trent’anni. A quell’età abbandonò i duelli per studiare l’applicazione della sua straordinaria ed unica strategia al combattimento tra gli eserciti e, nei successivi vent’anni, si persero quasi le tracce delle sue imprese.
All’alba dei cinquant’anni tornò ad essere conosciuto al mondo, non più per i combattimenti, ma per la sua opera artistica che spaziava dalla calligrafia alla pittura e scultura, dalla poesia alla saggistica, ma soprattutto alla forgiatura della tsuba, ovvero le else delle spade, di cui si dice, leggendariamente, che ve ne siano ancora in uso alcune nell’odierno Giappone. Ormai anziano e quasi al termine della sua Via, all’età di sessant’anni e autoconfinatosi nella caverna di Reigendo, meta ancora oggi di pellegrinaggio da parte dei suoi seguaci, scrisse sotto forma di lettera ad un suo allievo il Gorin-no-sho (al secolo Il Libro dei Cinque Anelli) e il Dokko-do un insieme di diciannove precetti conosciuti come La Via Che Bisogna Percorrere Da Soli, documenti ancora questi studiati spasmodicamente e alla base della cultura giapponese.
Il Libro dei Cinque Anelli, considerato insieme a pochissimi altri, un classico e fondamentale trattato dell’arte della guerra, è datato intorno al 1645 secondo quanto scritto dallo stesso autore ed è formato da cinque capitoli, ognuno dei quali riporta il nome di uno degli elementi che secondo l’autore costituivano il mondo: terra, acqua, fuoco, aria, vuoto.
Nel primo, il Libro della terra, sono esposte le concezioni strategiche ed esistenziali dell’autore il quale scrive delle diverse vie che un uomo può scegliere di intraprendere nella propria vita, come la via della religione, quella della letteratura, dell’arte del tè o del tiro con l’arco. La scelta della via da seguire dipende dalle proprie inclinazioni e chi sceglie la via della strategia, della guerra e il cammino del guerriero è chiamato a rispettare la mentalità del bushi, cioè del guerriero e dell’essere essenzialmente pronto alla morte. In questo capitolo Musashi introduce la sua personale tecnica di combattimento con la spada, ritenuto fondamentale e con la sola finalità di trionfare in qualsiasi modo sull’avversario o sugli avversari. L’autore parla di una strategia efficace in tutte le occasioni, figlia di un addestramento particolare, senza il quale non la si può padroneggiare.
Il Libro dell’acqua è il secondo capitolo ed ha un taglio estremamente pratico e applicativo. Musashi, spiegando ed addentrandosi nella spiegazione tecnica del suo stile, insegna come la sua strategia e la sua mentalità siano basati, fondamentalmente, sull’acqua, elemento in grado di conformarsi perfettamente al ercipiente nel quale si trova.
Tanto nella vita quotidiana che nella strategia che scegliamo di applicare alla nostra vita, dobbiamo essere semplici e diretti, di larghe vedute, essendo in grado di affrontare le varie situazioni senza tensioni e senza vivere uno stato di estrema rilassatezza.
È necessario concentrare la mente sull’obiettivo, senza pregiudizi né preconcetti, perché bisogna essere in grado di calmare la mente, senza permetterle di indugiare neppure per un attimo, rimanendo presenti a sé stessi e concentrati sul momento del presente.
Diventa fondamentale l’insegnamento del non esitare sulla propria debolezza o sulla parzialità, con una mentalità aperta affinché la mente si accosti alla saggezza e alla gentilezza, coltivandole. Per evitare che gli altri prendano il sopravvento su di noi, bisogna saper percorrere tutte le vie delle arti e delle abilità individuali e, quando come guerrieri saremo in grado di praticare le arti, allora solo in quel momento, avremmo acquisito la saggezza e la gentilezza come qualità strategiche.
La parte centrale dell’opera è il Libro del fuoco nella quale emergono le possibilità di applicazione del kenjutsu – l’uso della spada –non solo alla pratica dei combattimenti ma anche in altri campi.
Musashi scrive dell’importanza del predisporsi in rapporto con l’ambiente e con i fini del trionfo facendo che nulla possa ostacolarci, al punto da avere sempre una via di fuga in caso di necessità.
Importante diventa il rapporto con il nemico, qualsiasi esso sia, perché non diventi elemento di sopraffazione ma, addirittura lo si conosca al punto tale da riuscirlo a prevenire o anticipare e, applicando questa strategia su larga scala, significa saper vagliare l’avversario, conoscendone la mentalità per poterlo attaccare inaspettatamente.
Nel Libro dell’aria Musashi sembra interrogare il lettore nell’arco dei secoli se l’abilità tecnica sia sufficiente a garantire la vittoria e, l’uso della spada e la sua scelta nel combattimento, diventa una parafrasi del fatto che tutto dipende da come ci applichiamo a ciò che affrontiamo. Non bisogna ragionare in termini di forza o debolezza del colpo che si infligge, ma bisogna comprendere ed essere pronti a colpire e basta, senza esitazione e senza bloccarsi.
L’ultimo capitolo, il Libro del vuoto, anche se lievemente differente nella struttura, tratta sempre in modo concreto la questione del combattimento. Nella concezione dell’epoca, il vuoto era il non-esistente e non era l’incomprensibile. Musashi, filosoficamente, non ammette un limite alla conoscenza ma, allo stesso tempo, ritiene che il vuoto non può essere oggetto di conoscenza ed è dove non c’è alcuna forma o corpo. Appare, questa idea del vuoto qualcosa di profondamente incomprensibile, soprattutto a noi occidentali che non siamo abituati a vivere la nostra vita attraverso una visione filosofica totalizzante, ma è conoscendo l’esistente che si può conoscere il non-esistente. Il senso di questa profonda visione filosofica è che con una mente salda e libera dobbiamo applicarci costantemente, senza alcun segno di cedimento e diventa necessario, dunque, studiare i due aspetti più importanti che ci compongono, il cuore e la mente e, solo in questo modo, ci sarà possibile conoscere il vero vuoto.
Se invece osservassimo le cose intorno a noi secondo i principi generali del mondo, noteremo (solo) l’esistenza di preconcetti e distorsioni che ci discosterebbero dalla Vera Via. Allora il nostro scopo é quello di cercare di conoscere il nucleo e prendere come punto di riferimento la realizzazione della vera via, cercando di migliorare sempre noi stessi e quello che ci circonda.
Ma perché la filosofia orientale, soprattutto quella legata al leggendario mondo dei Samurai, diviene strumento di formazione?
Il Giappone dei Guerrieri è sempre stato, nell’immaginario comune, un argomento quasi favolistico intriso di magia e leggenda, ispiratore di filosofie orientali che sono arrivate in occidente, che hanno gettato le basi per numerose pratiche sportive esportate oltre l’area geografica cino-giapponese e che sono diventate vere e proprie strategie di formazione.
I suoi precetti relativi al combattimento e alla riuscita in qualsiasi impresa forniscono lezioni preziose a chiunque affronti circostanze impegnative, ai militari come agli uomini d’affari, agli atleti come, globalmente, a tutti i “guerrieri” della vita di ogni giorno ed è proprio per questo che Il Libro dei Cinque Anelli è considerato un caposaldo della formazione per i manager in America, Giappone e Germania.
La cultura dei Samurai, sviluppatasi in un periodo di più di settecento anni ed esemplificata nel libro ceh vi abbiamo presentato oggi, influenza ancora oggi ogni aspetto del modo di pensare e di agire dei giapponesi.
Molti di loro, infatti, più o meno consapevolmente, conformano i propri atteggiamenti al pensiero e al modo di agire di Musashi, compreso il sacrificio per gli ideali e il costante allenamento per raggiungere la perfezione.
È per questo che, ripetutamente nell’arco della storia della formazione ed oggi più che mai, le classi dirigenti e le persone ai ruoli di comando, ricevono direttamente ed indirettamente formazioni strutturate seguendo gli antichi precetti filosofici dei guerrieri di tempi lontani. L’idea del sacrificio, dell’eccellenza da raggiungere, della lungimiranza sugli altri, sono tutti concetti ai quali, ormai, siamo abituati negativamente, mentre invece dovrebbero essere filosoficamente interpretati come nell’antichità, perchè non dovremmo mai dimenticare che la mente dovrebbe accostarsi alla saggezza e alla gentilezza, coltivandole e dovremmo mettere in pratica quanto scritto secoli fa anche se al posto dell’armatura siamo vestiti nel rispetto dei dress code moderni.
Francesca Tesoro