“La octava regla. De la efectividad a la excelencia” de Stephen R. Covey

Después de analizar “Las Siete Reglas para el Éxito”, nos intentamos con otro texto inmediatamente siguiente y relacionado estrechamente con el éxito de ventas internacional de Stephen R. Covey: “La octava regla. De la efectividad a la excelencia “, Franco Angeli Editore.

También esta vez, antes de analizar la estructura del ensayo, nos centramos en su título original: “El octavo hábito: de la efectividad a la grandeza” y lo que nos llamó la atención, además de las consideraciones ya hechas anteriormente sobre la asonancia entre los términos “Hábito” y “regla” es la palabra “grandeza”.

Es casi sorprendente cómo un término tan coloquial y de uso común puede convertirse en un término técnico real al leer este texto, tomando todos los matices de significado que lo caracterizan: desde el tamaño hasta la fuerza, hasta la verdadera excelencia de liderazgo.

Pero, ¿cómo puedes acostumbrarte a la excelencia?

¿Cómo no podemos considerar este estado únicamente como un final feliz al final de una larga carrera laboral repleta de experiencias y éxitos y, en cambio, acostumbrarnos a vivir nuestra excelencia personal día tras día al servicio de la empresa, como una disciplinada y creativa forma mentis?

Al principio casi (respetuosamente) parecía que esta vez Stephen Covey se había dejado llevar y había pecado de presunción, o más bien de demasiada confianza en su vecino, un rasgo que, sin duda, lo distinguía como comunicador, como entrenador y, hoy también se diría que es un influyente. Sin embargo, como ya se mencionó, la estructura sistemática y, al mismo tiempo, estrictamente analítica del texto, acompañada de hojas de resumen, cuadros de ejercicios y numerosas historias de experiencia obtenidas en el campo, hacen de este ensayo un maravilloso manual para aprender a pensar en la excelencia, visualizándolo como una forma de establecerse, de comunicarse y, por lo tanto, de ser, y no como un objetivo a alcanzar fuera de nosotros mismos: un camino de vida, incluso antes del trabajo, hacia el concepto más elevado de la sabiduría. 

Directo, pero profundo, a veces conmovedor, a veces divertido, aunque sigue siendo un libro extremadamente técnico y científico, el estilo de Covey sigue siendo confidencial y reconocible, como el de un maestro que se sienta en el escritorio después de una lección y deja algo escrito sus alumnos, con el objetivo de hacerlos sentir cómodos y no solo a la altura de la situación, casi como Sócrates, hace siglos.

En resumen, las reglas importan y puedes y debes estudiar y aprender, pero siempre haciéndolas tuyas gracias a los caminos de la experiencia, como en un diario personal, porque, como escribe Covey: el liderazgo es una elección, no una posición.

La necesidad de esta octava regla, como explica el autor, surge de los cambios profundos, continuos y rápidos en el mundo del trabajo, cada vez más influenciados por la tecnología, que ven en las siete reglas una base necesaria para ingresar al juego y un punto comenzando por la excelencia como una dimensión de entusiasmo y deseo de cuestionarse continuamente, experiencia tras experiencia, mirando la sabiduría como un valor invaluable.

Esta octava regla es encontrar su voz e inspirar a otros a encontrar la suya, la verdadera esencia del liderazgo constructivo. De hecho, después de haber logrado encontrar su propia voz, no hay nada mejor que ponerse al servicio del coro para armonizar y modular la melodía del éxito. Para obtener este resultado que, a su vez, es un nuevo punto de partida, es necesario iniciar un camino de reflexión y conciencia basado no solo en una comunicación efectiva, sino también altruista hacia aquellos que dependen de nosotros líderes, a través del intercambio de valores comunes y estrategias. Ser un modelo de humanidad positiva es, según Covey, la mejor manera de ser un líder, porque conduce a una competencia constructiva que no es más que imitación. Es por eso que Covey a menudo toma prestado el mundo de la infancia y también de la escuela nuevamente para muchas de sus lecciones.

La sabiduría es empatía, pero también autoridad hacia los demás y autoconciencia de uno mismo.

El texto concluye con algunos apéndices útiles que centran concretamente algunos consejos sobre cómo lidiar con algunos momentos de cambio en el contexto y en el clima corporativo. En este sentido, el análisis de los diversos tipos de inteligencia que residen en cada uno de nosotros fue interesante y cómo, al mejorar la llamada “inteligencia espiritual” también se obtienen beneficios concretos en la inteligencia práctica, mental y emocional, como un unicum indispensable en el plan de estudios de todos nosotros.

Articolo di Alessandra Rinaldi

Traduzione di Sara Trincali

Siamo Fottuti ma forse c’è ancora una speranza di Mark Manson

Mark Manson è un americano di trentacinque anni, è un consulente per lo sviluppo personale, imprenditore e blogger di successo che nell’arco di tre anni ha scritto altrettanti libri balzati tutti nella top ten dei bestsellers del New York Times. Perciò non potevamo non recensire il suo ultimo libro uscito in Italia proprio l’anno scorso intitolato “Siamo Fottuti ma forse c’è ancora una speranza” edito dalla Newton Compton Editori per la collana dei Grandi Manuali Newton.

Con una scrittura decisamente irriverente, ma al tempo stesso divertente e davvero interessante, Mark Manson si interroga sulla felicità e il benessere in modi creativi e inaspettati, rendendo il proprio libro davvero adatto a qualsiasi tipo di lettore. Nonostante la leggerezza con cui è scritto, però, questo volume affronta temi profondi e figli del nostro tempo e, tra storielle simpatiche ed accenni a vicende storiche decisamente importanti, si interroga su quale possa essere la reale direzione che abbiamo intrapreso e soprattutto come possiamo (o dovremmo) prenderci cura di noi stessi e degli altri.

L’analisi che emerge dalla penna di Manson è cristallina. Infatti è un dato di fatto che viviamo in un tempo storicamente positivo, da un certo punto di vista il migliore dalla nascita del genere umano, essendo più liberi, più sani e più ricchi di chiunque ci abbia preceduto. Di contro, il problema sembrerebbe nascosto dietro il livello molto alto di accesso alla tecnologia, istruzione e comunicazione che abbiamo guadagnato e che ci ha allontanto inesorabilmente dalla leggerezza e pragmaticità dei nostri antenati. Di conseguenza, lo standard della felicità umana si è abbassato notevolmente, siamo tutti iperstressati, ansiosi, depressi nel nostro piccolo della vita quotidiana e viviamo a livello globale una situazione in cui il cambiamento climatico sta mutando gli equilibri della vita sul pianeta, la politica economica dei diversi Stati sta miseramente naufragando e, ognuno di noi e a qualsiasi livello, è attorniato da leoni da tastiera che non fanno che insultare tutto e tutti indifferentemente o, peggio, nella vita reale ci ritroviamo tra persone che farebbero di tutto per passare sopra il cadavere di qualcun altro, magari proprio il nostro.

La scomoda verità è che alla nostra cultura e alla nostra società, incastrata in questi meccanismi tutta’altro che positivi, serve speranza quanto l’acqua ad un pesce, perchè è un po’ il nostro carburante. E quando la speranza va in crisi, ci sembra di perdere il nostro scopo nella vita. Il problema vero di tutto questo circolo vizioso è che per creare e coltivare la speranza ci vogliono tre cose: il controllo, che ci illude di avere tutto il nostro destino nelle nostre mani, i valori, che ci spingono a creare qualcosa di importante per cui vale la pena combattere ogni giorno, la comunità, che, facendoci sentire parte di qualche cosa con i nostri stessi valori, ci spinge ad andare avanti per ottenere determinate cose in comune. La perdita anche solo uno di questi elementi, spinge le persone a perdere la speranza, creando meccanismi di crisi, facendoci dimenticare il quesito principale sul quale ognuno di noi dovrebbe interrograsi: cosa sta succedendo al mondo da farci stare peggio anche se la situazione è nettamente migliorata rispetto il passato?

Io che ho letto questo libro nell’arco di qualche giorno, presa dalla furia di capire cosa potesse portare Isaac Newton a prendersi uno sganassone a sette anni perchè fissava la luce del sole per capire di cosa fosse fatta, o come potessi realizzare tutti i miei sogni e fondare la mia religione personale, leggendo di filosofi odiati al liceo che in realtà grazie a Manson si sono rivelati dei geni sublimi, interrogandomi sulla reale formula dell’umanità scoprendo (miseramente) che l’adulto è in grado di accantonare il piacere per i principi (convincendomi così che ogni tanto devo riattivare il bambino che è in me) e che in fondo c’è un’economia delle sensazioni e che – udite, udite!- sono i sentimenti a muovere il mondo, direi che – si!- questo libro va proprio letto, perchè farebbe bene ad ognuno di voi.

Il libro è pieno di spunti decisamente interessanti di riflessione e approfondimento su come vivere serenamente nonostante i paradossi della vita. Dovrebbe essere considerato un consiglio a vivere una vita e un mondo migliore, cosa necessaria in questo momento di distrazione dai veri valori che dovremmo fare nostri, mettendoci in discussione e strappando più di qualche risata riuscendo a fornire al lettore una sorta di antidoto alla nostra era di malessere spirituale cronicizzato.

Siamo Fottuti ma forse c’è ancora una speranza” è decisamente un libro illuminante che tutti noi dobbiamo leggere prima di gettare la spugna, perchè con la sua schiettezza intelligente e accessibile ci ricorda di rilassarci, di non sudare le piccole cose e di mantenere viva la speranza per un mondo migliore.

Francesca Tesoro

IL FRAMEWORK NAZIONALE PER LA CYBESECURITY E LA DATA PROTECTION: Un approccio sostenibile ed integrato per le organizzazioni

La sicurezza (dal latino “sine cura“: senza preoccupazione) ci consente di essere o di sentirci esenti dai pericoli o ci permette di prevenire, annullare o mitigare i danni, i rischi o comunque evenienze spiacevoli.

Godendo della sicurezza, si potrebbe essere certi che ogni azione non potrà produrre eventi avversi. Tuttavia, considerando la natura umana come prettamente sistemica ed interdipendente da un fattore arbitrariamente complesso di variabili, il concetto di sicurezza totale, ovvero la completa assenza di pericoli, risulta difficilmente traducibile nella vita reale.
Per questo motivo, nella sua storia evolutiva, l’uomo ha sempre elaborato metodi per qualificare e quantificare l’incertezza e di conseguenza i rischi, sviluppando in modo più o meno strutturato delle norme di sicurezza in grado di rendere più difficile il verificarsi di eventi dannosi e consentendo una migliore qualità della vita.

Le dimensioni della sicurezza così come le sue percezioni sono molteplici ed includono quelle individuali, sociali, organizzative, sanitarie, economiche e politiche.

Garantire la sicurezza è un obiettivo strategico per tutti gli stati e le organizzazioni sia pubbliche che private e, come è richiesto dalla complessità in cui operano, questo richiede un approccio sistemico.

Nel contesto produttivo e dei servizi, gli aspetti da prendere in considerazione per garantire la sicurezza riguardono la cornice legislativa -le regole- entro la quale si svolgono le attività, le tecnologie, i processi ed il capitale umano necessari alla realizzazione del valore.

La base comune a tutti questi ambiti è il ruolo pervasivo e determinante delle informazioni e della loro corretta gestione e questo è il motivo per cui la cybersecurity è divenuta l’asset strategico per garantire la sicurezza delle organizzazioni.

La Direttiva NIS 2016/1148 (Network and Information Security), approvata nel 2016, è volta a stabilire le misure per la realizzazione in Europa di un ambiente digitale sicuro e affidabile.
In particolare, la direttiva si rivolge a soggetti, pubblici o privati, che forniscono servizi essenziali per la società e l’economia nei settori sanitario, dell’energia, dei trasporti, bancario, delle infrastrutture dei mercati finanziari, della fornitura e distribuzione di acqua potabile e delle infrastrutture e servizi digitali.

La sicurezza sociale e la libertà degli individui costituiscono altresì un bene irrinunciabile e la Direttiva GDPR (General Data Protection Regulation) interviene appunto nella disciplina riguardante il trattamento e la circolazione dei dati personali. Il Regolamento ha imposto un cambiamento di prospettiva rispetto alla protezione dei dati personali introducendo principio dell’accountability. Esso impone alle organizzazioni una gestione aziendale responsabile che tenga conto dei rischi connessi all’attività svolta e che sia idonea a garantire la piena conformità del trattamento dei dati personali ai principi sanciti dal Regolamento e dalla legislazione nazionale.

Negli ultimi anni le minacce cyber sono divenute sempre più numerose ed efficaci dal punto di vista criminale. Uno dei problemi più cogenti è rappresentato dai data breach che sottraggono in modo fraudolento dati, anche sensibili, dalle banche dati di industrie, enti pubblici ed organizzazioni di ogni genere. I data breach rappresentano un danno spesso ingente per le organizzazioni e oggi, alla luce delle norme previste dal Regolamento, possono essere causa di multe consistenti.

La buona notizia è che in Italia è stata redatta un’importante linea guida in grado di supportare le organizzazioni che necessitano di strategie e processi volti alla protezione dei dati personali e alla sicurezza cyber [1]. Si tratta di un interessante approccio integrato con il quale è possibile implementare sistemi di sicurezza delle informazioni idonei sia per la protezione dei dati personali che per quelli operazionali e strategici delle imprese e delle amministrazioni. Il denominatore comune consiste proprio nella cybersecurity e il framework può aiutare le organizzazioni nel definire un percorso volto alla sua implementazione ed alla protezione dei dati coerente con i regolamenti stessi riducendo i costi necessari ed aumentando l’efficacia delle misure realizzate. Inoltre, per le organizzazioni che già implementano misure coerenti con i Regolamenti e Direttive (GDPR e NIS), il Framework può rappresentare un utile strumento per guidare le necessarie attività di continuo monitoraggio.

Nella sua essenza, il Framework definisce il ciclo di vita del processo di gestione della cybersecurity in modo integrato, sia dal punto di vista tecnico che organizzativo:

  • IDENTIFY – comprensione del contesto aziendale, degli asset che supportano i processi critici di business e dei relativi rischi associati. Tale comprensione permette ad un’organizzazione di definire risorse e investimenti in linea con la strategia di gestione del rischio e con gli obiettivi aziendali
  • PROTECT – implementazione di quelle misure volte alla protezione dei processi di business e degli asset aziendali, indipendentemente dalla loro natura informatica.
  • DETECT – definizione e attuazione di attività appropriate per identificare tempestivamente incidenti di sicurezza informatica.
  • RESPOND – definizione e attuazione delle opportune attività per intervenire quando un incidente di sicurezza informatica sia stato rilevato. L’obiettivo è contenere l’impatto determinato da un potenziale incidente di sicurezza informatica.
  • RECOVER – definizione e attuazione delle attività per la gestione dei piani e delle attività per il ripristino dei processi e dei servizi impattati da un incidente. L’obiettivo è garantire la resilienza dei sistemi e delle infrastrutture e, in caso di incidente, supportare il recupero tempestivo delle business operation.

[1] Framework Nazionale per la Cybersecurity e la Data Protection
CIS-Sapienza – Research Center of Cyber Intelligence and Information Security – Sapienza Università di Roma – CINI Cybersecurity National Lab
Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica – Versione 2.0 – Febbraio 2019

Alessandro Di Fazio

Antifragile: prosperare nel disordine di Nassim Nicholas Taleb

Il libro “Antifragile: prosperare nel disordine” di Nassim Nicholas Taleb, edito dalla Il Saggiatore, è un libro davvero coraggioso e da leggere, che potrebbe cambiare le nostre vite o, quantomeno, il nostro modo di pensare, conducendoci ad una nuova visione della società e di concretizzazione delle nostre idee.

L’autore, oltre ad essere un saggista famoso in tutto il mondo anche grazie ad altri suoi libri diventati best sellers a livello mondiale, è un filosofo che si è dedicato allo studio dei processi percettivi, sociali e cognitivi, esperto di matematica finanziaria che riporta nei suoi lavori tutta la sua indocile concentrazione sulla probabilità, la casualità e l’imprevedibilità della sorte per comprendere come porsi nei confronti della casualità che governa, di fatto, il mondo che ci circonda e nel quale viviamo.

Antifragile, nonostante sia stato scritto nel 2012, risulta essere più attuale che mai e con esso, suddiviso in sette libri, con una conclusione di pochissime pagine piene di un altissimo spirito comunicativo e due appendici tecniche che matematicamente traducono i concetti di tutto lo scritto in grafici e formule per i “lettori non letterari”, percorriamo la chiave di tutto che è l’antifragilità.

Ma che cos’è l’antifragilità?

È la base di tutto. È ciò che ha permesso ai sistemi naturali di contraddistinguersi e sopravvivere. È la capacità di rafforzarsi evitando il controllo stringente di tutto ciò che ci circonda e che facciamo, considerando anche che è probabilisticamente impossibile controllare davvero tutto. Di conseguenza, la nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio degli eventi inaspettati i quali altro non sono che elementi destabilizzanti in grado di renderci fragili e portatori a scelte e concezioni errate.

Il punto di partenza per comprendere l’antifragilità è lo stoicismo di Seneca e le sue applicazioni che spaziano dalla filosofia all’ingegneria, passando per la religione. Per cui ci vogliono quasi duecento pagine per comprendere realmente che la strategia che consiste nell’unire rischi elevati ad azioni molto prudenti è preferibile ad un approccio semplicistico e di ricerca del rischio medio. Quello che capiamo leggendo questo libro è che l’incertezza non va considerata solo come una fonte di pericoli da cui difendersi, ma diventa al tempo stesso un bacino dal quale possiamo trarre vantaggio, da esso, dalla volatilità, dal disordine e persino dagli errori, imparando così ad essere antifragili. Del resto se costringessimo un volatile al suolo, quello perderebbe tutte le sue capacità, il nostro disturbo ossessivo di etichettare tutto ci potrebbe gettare nello sconforto più totale per qualsiasi minimo accenno di disordine e perseverare nei nostri sbagli resta e resterà sempre diabolico.

Nassim Nicholas Taleb riesce a parlarci di innovazione, del concetto di opzione e di opzionabilità cercando di farci capire, ulteriormente, come poter penetrare l’impenetrabile e dominarlo per conquistarlo completamente. Comprendere come il nostro corpo si protegge dalle malattie e le specie viventi si evolvono, come la libertà d’impresa crea prosperità e il genio si trasforma in innovazione, come Charles Darwin, il codice Hammurabi, le poesie di Baudelaire, la Summa Theologiae di San Tommaso D’aquino, la fallacia della tecnologia o il mito del locandiere Procuste siano tutti strumenti per parlare dell’antifragilità e aiutarci a capire ed interiorizzare perchè “il robusto sopporta gli shock e rimane uguale a se stesso, mentre l’antifragile li desidera e se ne nutre per crescere e migliorare, le città-stato funzionano meglio degli stati-nazione, la spontanea confusione dei suk è preferibile all’eleganza formale dei mercati regolati, le grandi corporation sono una minaccia per la società, tanto quanto i piccoli imprenditori ne rappresentano la forza”.

Secondo Nassim Nicholas Taleb e la sua filosofia – che dovrebbe essere intesa come il nuovo darwinismo -, la vera ricchezza consiste in un sonno privo di turbamenti, in una coscienza pulita, nella gratitudine reciproca, nella mancanza di invidia, in un buon appetito, forza muscolare, energia fisica, risate frequenti, pasti in compagnia, niente palestra, un po’ di lavoro fisico (anche come passatempo), niente sale riunioni e qualche sorpresa di tanto in tanto. Perchè chiunque faccia previsioni sarà fragile rispetto agli errori di previsione e un’opzione è ciò che ci rende antifragili e ci permette di beneficiare del lato positivo dell’incertezza.

In fondo, la probabilità che un evento raro si verifichi è semplicemente impossibile da calcolare e qualunque cosa tragga più vantaggi che svantaggi dagli eventi casuali è antifragile, mentre in caso contrario, è fragile.

Francesca Tesoro

Censis Communication Report 2019: cómo ha cambiado la vida después de diez años de teléfonos inteligentes

A juzgar por el 53º Informe Censis sobre la situación social de nuestro país para el año que finaliza y se lanzó hace unos días, el teléfono inteligente es el verdadero protagonista de la vida comunicativa de los italianos de todas las edades.

Desde 2009, durante el cual solo un tímido 15% de la población ha comenzado a acercarse a esta nueva tecnología disruptiva del periódico, este año casi el 74% lo convierte en un uso constante, tanto que ahora se ha considerado un objeto de culto, un icono de estilo y moda, así como un medio de comunicación. Como suele suceder con las nuevas tecnologías, los pioneros en el uso han sido los jóvenes menores de 30 años, pero lentamente ha habido un aumento incluso entre los adultos mayores de 40 años, tanto que más del 50% de los propietarios han declarado verificar su teléfono inteligente como primer gesto después de la alarma de la mañana o el último, antes de quedarse dormido.

Si 2018 será recordado como el año en que la cantidad de teléfonos inteligentes excedió la cantidad de televisores en las familias italianas, este año, gracias a los llamados televisores inteligentes, la brecha se ha vuelto a acortar. De hecho, no solo en las casas donde están presentes adultos jóvenes o menores, hay dispositivos que permiten que los televisores se conecten a Internet: aparentemente, incluso los mayores de 65 años sienten pasión por estas tecnologías y las explotan por completo.

Además, este año el número de personas con dietas de medios audiovisuales ha disminuido significativamente. El 73,5% de la población ha superado la brecha digital y un tercio de los italianos tiene una dieta mediática rica y equilibrada, dentro de la cual todos los principales medios encuentran espacio: audiovisual, impreso y digital, a pesar del desinterés de los jóvenes por el papel impreso permanece constante.

Articolo di Alessandra Rinaldi

Traduzione di Sara Trincali

L’INDIVIDUO, L’ORGANIZZAZIONE E LA RESPONSABILITA’: un esempio sistemico per la corretta gestione della responsabilità dell’individuo e dell’organizzazione

Secondo la teoria di Thomas Malone, il coordinamento è quel lavoro extra che si svolge quando attori (soggetti) multipli ed interdipendenti lavorano per un obiettivo comune e che non sarebbe necessario se l’obiettivo fosse raggiunto con il lavoro di un singolo attore. Il coordinamento è dunque uno dei pilastri fondanti di una organizzazione vista come un insieme di soggetti connessi e interdipendenti per il perseguimento di obiettivi comuni.

Ogni attore dell’organizzazione ha la responsabilità del suo agire, ovvero deve mostrare congruenza con un impegno assunto o con un comportamento, accettandone ogni conseguenza. Anche l’organizzazione, d’altra parte, ha sua la responsabilità nell’identificare l’obiettivo e nel lavorare per il suo perseguimento. Che rapporto è possibile definire tra queste responsabilità individuali ed organizzative?

Accettare le conseguenze di un comportamento o di un impegno si declina nel diritto come la situazione per la quale un individuo può essere chiamato a rispondere della violazione colposa o dolosa di un obbligo. Allo stesso tempo, le organizzazioni possono essere ritenute responsabili, in caso di reati a vantaggio dell’organizzazione stessa, dagli individui che la compongono.

Esistono leggi internazionali che intervengono proprio in quest’ambito stabilendo in quali circostanze un reato compiuto da un dipendente possa coinvolgere anche la responsabilità dell’azienda cui appartiene. In Italia il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 introduce e disciplina la responsabilità amministrativa derivante da reato degli enti collettivi. È il caso di figure apicali (amministratori, dirigenti, funzionari, etc) e di personale sotto la loro diretta sorveglianza.

E’ interessante soffermarsi su come l’Azienda possa agire in modo conforme alla legge sia prevenendo le situazioni favorevoli al reato del singolo che intervenendo sul sistema impresa in modo che la stessa ostacoli la sua diffusione.

Allo scopo della conformità alla legge, le aziende implementano Il modello di organizzazione e gestione che indica un modello organizzativo volto a prevenire la responsabilità penale degli enti.

Esempi di reati previsti dalla legge includono quelli commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, i delitti informatici e trattamento illecito di dati, i delitti di criminalità organizzata, i delitti contro l’industria ed il commercio, i reati societari, di ricettazione e riciclaggio.

La realizzazione del modello di organizzazione e gestione consiste nel individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, predisporre specifici protocolli per la prevenzione degli stessi, costituire un organismo di vigilanza e prevederne gli obblighi di informazione nei suoi confronti ed infine introdurre un sistema disciplinare per sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello organizzativo.

L’implementazione del modello richiede un approccio sistemico nel quale si tengano presenti in modo coerente gli aspetti organizzativi, legali e tecnologici.

L’organizzazione deve essere permeata dalla cultura del controllo non quale momento repressivo, ma soprattutto quale opportunità di miglioramento continuo dell’attività stessa verso il conseguimento di obiettivi sia economici che etici. L’elaborazione di codici di comportamento è sicuramente essenziale per dotare l’organizzazione dei necessari strumenti per affrontare i rischi connessi ai reati così come un sistema di procedure per regolamentare le attività operative e amministrative significative.

Ad esempio, sarà necessario disporre di procedure per la gestione degli acquisti diretti e indiretti (compresa la fase di selezione e qualifica dei fornitori) in modo che l’intero iter di valutazione e selezione del fornitore sia strutturato secondo i principi di trasparenza e non discriminazione e che la documentazione inerente gli acquisti consenta di dare evidenza della metodologia utilizzata e dell’iter procedurale seguito per l’effettuazione dell’acquisto, dell’oggetto, dell’importo e delle motivazioni sottese alla scelta del fornitore.

Nella nostra epoca di trasformazione digitale delle imprese, i sistemi informatici rivestono un ruolo strategico e di conseguenza devono essere considerati attentamente nella realizzazione del modello di organizzazione e gestione.

Il sistema informativo è alla base delle attività aziendali ed è fondamentale che i ruoli siano certificati, ovvero non modificabili senza la preventiva autorizzazione da parte del responsabile della unità organizzativa di riferimento e senza la preventiva valutazione dell’opportuna segregazione dei ruoli in modo che siano distinte le responsabilità di chi autorizza, chi esegue e chi controlla. I sistemi devono supportare a pieno titolo il sistema dei controlli esistenti in quanto sono strumentali alla verifica ed al monitoraggio di specifiche fasi di gestione aziendale, con particolare riferimento a quelle che sono state dichiarate sensibili al rischio dei reati previsti dalla legge.

E’ altresì necessario che gli attori con mansioni più esposte ai rischi identificati siano sottoposti ad una costante attività di formazione erogata nei modi più efficaci in funzione delle specifiche necessità. Essa può svolgersi attraverso la partecipazione a riunioni, seminari, l’affiancamento da parte di personale più esperto ed anche mediante formazione a distanza (e-learning).

L’implementazione di un modello di organizzazione e gestione ci fornisce quindi un esempio di un approccio sistemico per la corretta gestione della responsabilità dell’individuo e dell’organizzazione. Da non dimenticare infine che i valori dell’azienda costituiscono il DNA dei comportamenti degli individui.

Alessandro Di Fazio

Rapporto Censis sulla Comunicazione 2019: come è cambiata la vita dopo dieci anni di smartphone

A giudicare dal 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del nostro Paese relativo all’anno che volge al termine e uscito pochi giorni fa, lo smartphone è il vero protagonista della vita comunicativa degli italiani di tutte le età. Dal 2009, durante il quale solo un timido 15% della popolazione ha iniziato ad approcciarsi a questa nuova dirompente tecnologia del quotidiano, quest’anno quasi il 74% ne fa un utilizzo costante, tanto da essere considerato ormai un oggetto di culto, icona di stile e di moda, oltre che mezzo di comunicazione. Come spesso accade con le nuove tecnologie, i pionieri dell’utilizzo sono stati i giovani under 30, ma pian piano si è registrata un’impennata anche tra gli adulti sopra i 40 anni, tanto che oltre il 50% dei possessori ha dichiarato di controllare il proprio smartphone come primo gesto dopo la sveglia del mattino o come ultimo, prima di addormentarsi.

Se il 2018 verrà ricordato come l’anno in cui il numero di smartphone ha superato il numero di televisori nelle famiglie italiane, quest’anno, grazie alle cosiddette smart tv, il distacco si è accorciato nuovamente. Infatti, non solo nelle case in cui sono presenti giovani adulti o minori si trovano device che permettono ai televisori di collegarsi a internet: a quanto pare anche gli over 65 si stanno appassionando a queste tecnologie e le fruttano a pieno.

Inoltre, quest’anno il numero delle persone con diete mediatiche solo audiovisive è sensibilmente diminuito.  Il 73,5% della popolazione ha superato il digital divide e un terzo degli italiani ha una dieta mediatica ricca ed equilibrata, al cui interno trovano spazio tutti i principali media: audiovisivi, a stampa e digitali, nonostante il disinteresse dei giovanissimi verso la carta stampata resti costante.

Il rapporto Censis spiega anche come i media siano in grado di influenzare l’umore degli italiani. I più scontenti della società in cui viviamo sono coloro che si informano attraverso telegiornali, giornali radio e quotidiani, mentre i più avvezzi ai social network si dividono quasi equamente tra ottimisti (22% circa) e pessimisti (24% circa). Facebook (48,6%) raggiunge l’apice dell’attenzione tra gli utenti classificati come “esibizionisti”, i quali pubblicano spesso foto e video per esprimere le proprie opinioni e stati d’animo.

Anche in tema di connettività, l’Italia è risalita di sette posizioni rispetto al 2018, passando dalla ventiseiesima alla diciannovesima posizione, ma per sapere se prossimamente si riuscirà a entrare nella cosiddetta gigabit society, ipotizzata dalla Commissione Europea e ancora molto discussa, bisognerà attendere il prossimo futuro.

Alessandra Rinaldi

“Brittany Non si Ferma Più”: quando la perseveranza è la ‘chiave di svolta’

Nell’era della digitalizzazione di ogni cosa che ci circonda, può succedere che una famosissima piattaforma di e-commerce decida, ad un certo punto, di distribuire a livello mondiale film e serie tv, riscuotendo un ulteriore successo. Così, si può credere, sempre a livello personale, che su quella stessa piattaforma si possano trovare solo cose particolarmente sciocche o di livello medio basso e invece, può succedere, com’è successo, di trovare un film davvero interessante e, a dir poco, spettacolare, non certo per i suoi effetti speciali ma per il messaggio che riesce a trasmettere a chi, inconsapevole, lo sceglie tra i tanti.


“Brittany Non si Ferma Più” è il film di cui stiamo parlando, scritto e diretto da Paul Downs Colaizzo, uscito sulla piattaforma Amazon Prime Video il 15 novembre del 2019, che ha incassato nelle prime settimane di programmazione più di sette milioni di dollari vincendo il premio del pubblico al Sundance Film Festival 2019 come Miglior Film Drammatico Americano, anche se è stato presentato come una commedia.

Brittany è una ragazza irriverente e spensierata, ride e scherza con tutti al punto da farsi prendere molto poco sul serio da tutto ciò che la circonda, è abituata a passare le sue serate nei locali bevendo e incontrando gente, amica di tutti men che mai di sé stessa, incastrata in una vita davvero poco appagante. Fino a quando, avviene un incontro-scontro con un medico che, piuttosto che assecondare la sua richiesta di vedersi prescritto un farmaco per il deficit dell’attenzione da usare a scopo puramente ricreativo, la spinge a innescare un cambiamento profondo, anche se con un po’ di brutalità. Così Brittany, apre gli occhi su sé stessa e su quello che la circonda, decidendo di cambiare radicalmente. All’alba dei trent’anni si rende conto di essere molto lontana dalle sue aspettative, dall’amore della sua vita, dalla possibilità di sentirsi realmente felice e, quasi con un po’ di riluttanza – o forse più per il terrore di non farcela -, si pone il primo piccolo obiettivo di correre solo un isolato intorno casa. Partendo in modo un po’ goffo e maldestro, spaventandosi anche di incrociare gli sguardi della gente, arriverà a correre l’anello di Central Park, incontrando altri corridori che da nemici o sconosciuti diventeranno la sua più grande forza propulsiva e, alla fine, la sosterranno tifando per lei miglio dopo miglio quando si ritroverà a vivere il suo più grande obiettivo: correre la Maratona di New York.

Preparandosi per la maratona, tra alti e bassi, piccoli successi e fallimenti epocali, Brittany riesce letteralmente a rimettesi in piedi, riprogrammando interamente la sua vita.

Film nato sul divano di due amici e coinquilini, dove il primo –Paul Downs Colaizzo – vedeva la seconda – Brittany O’Neill– disperdersi in balia di una profonda crisi esistenziale, racconta la storia reale proprio di Brittany – anche se nella pellicola il congnome è cambiato in Folgler-, una donna che è passata da una vita sgangherata e senza soddisfazioni alla sua realizzazione massima, iniziando con un primo piccolo obiettivo: correre solo un isolato intorno casa.

Gli attori Jillian Bell, Utkarsh Ambudkar, Michaela Watkins, e Micah Stock, prestano le loro facce ai personaggi veri, incredibilimente veri, di questa storia reale rappresentando ognuno un aspetto differente della storia di Brittany.

Da quel primo passo, Brittany è cambiata letteralmente, ridisegnando la propria vita personale, lavorativa e professionale per raggiungere il suo grande obiettivo realmente appagata e felice, abbattendo tutti gli ostacoli e i pregiudizi che la riguardavano. E prima che con gli altri, l’ha fatto con sé stessa, diventando addirittura una personal trainer e nutrizionista che, ancora oggi, aiuta i propri clienti usando le proprie esperienze per motivare gli altri, oltre a svolgere il suo attuale lavoro focalizzato sull’organizzazione di aiuti umanitari.

Questo film, ma prima ancora l’intera storia di Brittany, rappresenta una parabola che parte da un’esistenza stagnante ed arriva ad uno straordinario successo personale.

Alla base di tutto però c’è la capacità della – vera – protagonista di mettersi in gioco: programmarsi un piccolo obiettivo e, con perseveranza, portarlo avanti facendolo aumentare smisuratamente.

Brittany, tanto quella reale che quella impersonata magnificamente da Jillian Bell, è la dimostrazione che si possono abbattere tutti i pregiudizi che incontriamo sulla nostra strada e le limitazioni e le difficoltà che ci troviamo a vivere, a volte anche per colpa nostra, quasi come se volessimo autosabotarci, impauriti dal mettere in pratica quel piccolo passo diverso dal solito che potrebbe cambiarci la vita in modo esistenziale oltre che essenziale.

La “vera” Brittany durante la Maratona Di New York

Il cambiamento è qualcosa che sicuramente può far paura e può spaventare, facendoci sentire inadeguati e non pronti.

Il sacrificio necessario per ogni cambiamento potrebbe bloccarci perchè significherebbe perdere troppo di sé.

La perseveranza e la forza di volontà diventano, paradossalmente, i nostri più grandi nemici quando siamo dietro la porta con la mano quasi sulla maniglia e non riusciamo ad uscire fuori per iniziare, trasformandosi poi nei nostri più grandi alleati, insieme al sacrificio e al cambiamento, per arrivare dove avevamo deciso.

Se poi, per nostra fortuna troviamo anche qualche compagno che ci segue in questo straordinario processo, allora oltre che essere realmente fortunati, avremo una marcia in più per arrivare al nostro più grande obiettivo. Qualsiasi esso sia.

La corsa non la fai per vincerla, ma per finirla” è l’assunto di estrema semplicità e profondità che spinge Brittany a iniziare a correre e non fermarsi più perchè, in fondo, non ha iniziato a correre contro qualcun altro, ma lo ha fatto per migliorare sé stessa e la sua vita. Riuscendoci.

Francesca Tesoro

¿Cómo evaluar el personal de las empresas de hoy?

Es una pregunta que muchos expertos se hacen hoy y no solo: ¿cómo se realiza la evaluación del personal en nuestras compañías 4.0? ¿Qué criterios y qué comportamientos aplicar? ¿Tenemos que inventar nuevos enfoques o incluso decidir que el proceso de evaluación ya no es adecuado para garantizar el desarrollo de los resultados comerciales y su consolidación a lo largo del tiempo? ¿Y cuánto puede contribuir realmente al desarrollo de la persona soltera?

En el caos que caracteriza nuestra prisa hacia un rendimiento cada vez más alto, ¿qué valor puede dar un proceso que defina una fotografía del pasado en el instante presente hacia un futuro cada vez más corto?



La evaluación del personal siempre ha sido un tema importante, ya que es difícil, no solo para el Departamento de Personal sino también para las personas involucradas.

El tema de la evaluación del personal puede tener diferentes objetivos que permitan optimizar los procedimientos y establecer las condiciones para el crecimiento de una empresa en términos de desempeño: solo la empresa que puede diagnosticar lo que determina un desempeño efectivo puede mejorar y desarrollarse constantemente El desempeño de su gente.

Los dos objetivos principales para evaluar al personal son:

– gestión de recursos humanos: para construir un sistema gratificante, necesito conocer el rendimiento más efectivo y garantizar su reconocimiento;

– desarrollar recursos humanos: si entiendo lo que determina un buen desempeño, puedo proteger su buen uso y al mismo tiempo invertir en capacitación para obtener mejores resultados de cada recurso comercial.

Entonces, definir un proceso de evaluación está dirigido a:

 1. mejorar el rendimiento orientándolos hacia una mejor participación de las personas en el logro de los objetivos corporativos;

 2. hacer que el proceso de evaluación informal presente en cada organización sea explícito, transparente y analítico, superando los defectos de los sistemas de evaluación informal genéricos y ambiguos;

 3. sacar el máximo provecho de los recursos humanos al poner de manifiesto las necesidades y condiciones para un mejor uso del personal y las necesidades y oportunidades de capacitación;

 4. orientar los comportamientos organizacionales hacia los objetivos predominantes o nuevas formas de trabajo;

 5. definir oportunidades formalizadas para el intercambio de información y evaluaciones sobre las condiciones de trabajo y sobre todos los aspectos de la microorganización.


Producir formularios de evaluación del personal, capacitar a los gerentes y colaboradores en este proceso, decidir qué evaluar y qué criterios de medición aplicar, implica construir un sistema cultural complejo y generalizado en todo el contexto de la empresa.

Por lo tanto, el sistema de evaluación debe:

– descender de una estrategia de gestión

– ser coherente con el estilo corporativo y la cultura

– ser articulado y correlacionado con cada iniciativa hacia las personas

– Estar generalizado, gestionado de manera coherente, gobernado en los procesos fundamentales de la empresa.

La evaluación de desempeño enfoca su atención en el desempeño del empleado, entendido como la contribución que brindó a la organización, lo que hizo, como titular del puesto, usando sus habilidades.

El servicio se puede evaluar de dos maneras diferentes:

los resultados obtenidos por el trabajador en relación con los objetivos asignados (“lo que se ha hecho”);los comportamientos organizacionales mantenidos y actuado por el colaborador (“cómo se hizo”) que pueden relacionarse con varios aspectos, como el liderazgo, la capacidad de trabajar en grupos, habilidades para resolver problemas, orientación al cliente, orientación a Calidad, capacidad innovadora.

Una evaluación del personal tiene una serie de pasos:

Defina qué evaluar, basándose en una descripción correcta de los roles y responsabilidades corporativas.

Haga un análisis de cultura contextual y corporativa para que el proceso no se desconecte del sistema de referencia de la empresa.

Capacitar a los “asesores” y a los “valorados” para que una cultura de evaluación del desempeño de la persona no sea mutua

Identifique los métodos de evaluación y capacite a las personas involucradas en el proceso para hacerlo.

Recopile datos sobre evaluaciones de desempeño y analice los datos agregándolos a la compañía para estudiar la relación con los resultados de la compañía

Compartir valores con la gerencia y luego con las personas para que se perciba el valor del proceso.

Tome decisiones sobre evaluaciones individuales vinculándolas con acciones de desarrollo profesional y / o económico.

La evaluación del personal responde a una pregunta clara.

¿Cuál es la contribución de una persona, en una posición específica y con habilidades específicas, para el resultado final?


Para poder responder, debemos considerar que en el proceso de evaluación del personal pueden coexistir diferentes evaluaciones:

Evaluación de desempeño, comparación entre los resultados obtenidos por la persona y los objetivos establecidos.

Evaluación del potencial, análisis de las características que posee una persona pero que aún no se expresa en un rol determinado. Mediante este método de evaluación queremos entender cuáles son las capacidades potenciales de la persona. Este tipo de análisis es muy útil para poder predecir cualquier cambio en el rol y la promoción, pero al mismo tiempo es muy complejo ya que apunta a pronosticar resultados futuros.

Evaluación de competencias, examen del patrimonio de conocimientos, habilidades y comportamientos expresados ​​y su consistencia con respecto a los objetivos analizados.

La armonización de estas tres dimensiones une y complementa la proyección de la Compañía en un solo eje de tiempo, comenzando desde la historia, continuando en su presente y construyendo la proyección hacia un futuro sólido y sostenible capaz de desarrollar oportunidades de crecimiento en cualquier situación, ya sea de éxito el de fragilidad que, más aún, de criticidad.

Evaluar para identificar nuevas capacidades de desarrollo en cada componente de la empresa y de esta manera hacer realidad la relación entre el individuo y la empresa, entre las personas y hacia sí mismo: un desafío que nos involucra a cada uno de nosotros, en cada edad y dimensión profesional, como condición de crecimiento y crecimiento trabajo y satisfacción con la vida

Maria Tringali

Traduzione di Sara Trincali

“Il segreto dell’infanzia” di Maria Montessori

Il Metodo Montessori spiegato, raccontato e applicato dalla sua stessa creatrice.

In occasione della celebrazione della Giornata Mondiale per i Diritti dei bambini, abbiamo voluto approfondire un argomento di cui già vi abbiamo parlato in Sistema Scuola, in quanto si tratta di un vero e proprio approccio sistemico alla crescita e all’educazione dei fanciulli: il Metodo Montessori. Per farlo al meglio abbiamo deciso di leggere e analizzare direttamente una tra le numerose e più note opere di Maria Montessori: “Il segreto dell’infanzia”, oggi edito da Garzanti. Si tratta, infatti, di uno dei testi fondamentali del Metodo che la studiosa, originaria di Chiaravalle e, come sappiamo, tra le prime donne a laurearsi in Medicina nel nostro Paese, ha scritto partendo dalle sue stesse osservazioni ed esperienze fatte nelle cosiddette “case dei bambini”. Queste nacquero numerose a partire dal 1906, quando Maria Montessori fu chiamata a curare l’organizzazione delle scuole materne per i figli di famiglie operaie di alcuni quartieri popolari romani e divennero ambienti innovativi furono presto conosciuti e imitati in tutto il mondo, circostanza che si verifica ancora oggi.

In questa pubblicazione la Montessori non si limita, tuttavia, a delineare i tratti fondamentali del Metodo scolastico, ma traccia i binari della crescita del bambino fin dalla nascita, analizzando a fondo il ruolo dei genitori nei primissimi anni di vita, al quale, solo successivamente, si affianca la figura dell’insegnante e della collettività scolastica, sempre all’insegna dell’autonomia e delle scelte del bambino stesso, attratto dall’esperienza di vita quotidiana, più che da balocchi, premi e punizioni, tipici dell’educazione dei bambini fino ai primi del Novecento.

Il Metodo Montessori, infatti, non è solo un metodo di educazione scolastica, come abbiamo già appurato, ma un vero e proprio “stile di vita” atto a favorire la crescita del bambino a tutto tondo e che dovrebbe essere applicato, a cominciare dai genitori, fino agli insegnanti e agli istituti scolastici, ma anche e soprattutto dallo Stato stesso e dagli enti pubblici per quanto attiene alla tutela del bambino nella società. È interessante, infatti, l’excursus che Maria Montessori fa circa i diritti del bambino praticamente inesistenti, almeno fino al secolo scorso, per cui solo i bambini più fortunati, che nascevano nelle famiglie “giuste” e non erano obbligati a lavorare in tenerissima età, potevano essere tutelati, anche nei confronti delle famiglie stesse.

Tra i vari “esperimenti” e giochi fatti nelle classi assieme ai bambini da Maria Montessori, ci ha colpito in particolare quello del silenzio. Si tratta di un’esperienza quasi “mistica” che nasce anche dalla convinzione della Montessori che pure bambini di età diverse possono condividere un ambiente scolastico, perché i più grandi possono aiutare i più piccoli, ma, nello stesso tempo, possono anche imparare cose nuove o forse “dimenticate” proprio dai più piccini e in tutto ciò il maestro ha un ruolo di guida che deve interferire il meno possibile nelle dinamiche tra i fanciulli. Un giorno, racconta la studiosa di essersi recata in classe con in braccio una bimba di pochi mesi stretta nelle fasce e molto placida e silenziosa. Chi è genitore o insegnante o semplicemente avvezzo agli ambienti frequentati dai bambini di oggi sa bene quanto il vociare e la confusione troppo spesso la facciano da padroni, quasi come se il silenzio fosse una pratica impossibile per un bambino inserito in un gruppo. Maria Montessori fa notare agli altri bimbi il silenzio della lattante e, in un certo senso li sprona a fare altrettanto dando il via a un “gioco del silenzio” che ha avuto risultati sorprendenti, diventando una piacevole abitudine vicina a quella che oggi potremmo definire “meditazione”. I bambini, infatti, spronati a restare in silenzio, hanno iniziato a percepire con curiosità i piccolissimi e di solito impercettibili rumori attorno a loro, fino a spingersi ad ascoltare con attenzione anche i rumori del proprio corpo, come il respiro e il battito del cuore, allenandosi di fatto e in modo naturale e spontaneo, a mantenere la concentrazione per periodi sempre più lunghi, senza provare alcun disagio.

Per l’adulto che è in grado di vedere e percepire il bambino con occhi diversi rispetto a quelli con cui guarda al resto del mondo, spiega e conclude Maria Montessori, l’infanzia non ha “segreti” e si svela con tutta la semplicità, l’innocenza e l’istinto di cui solo i bambini sono capaci.

Alessandra Rinaldi