Quella che Adriano Olivetti cerca di costruire negli anni Cinquanta, dopo il dramma della Seconda guerra mondiale, è un’Italia nuova, un’Italia che guarda a un futuro migliore.
Il percorso dell’imprenditore di Ivrea è lungo e non privo di difficoltà, la sua vita intensa ed emozionante. Alberto Saibene, storico della cultura e curatore delle antologie di scritti di Olivetti, la racconta ne “L’Italia di Adriano Olivetti”, Edizioni di Comunità.
L’intento dell’autore non è quello di scrivere la biografia di Adriano o raccontare la storia della sua fabbrica, ma ricostruire l’esperienza olivettiana con un ritmo senza ordine, attraverso un testo pieno di dettagli, vicende, ritratti e numerosi personaggi che si alternano formano una cornice ricca ed eterogenea.
Il libro di Saibene è diviso in capitoli tematici che approfondiscono singoli aspetti della vita dell’imprenditore di Ivrea, come quello dedicato a Fortini e Pampaloni, allontanati dalle divergenze politiche e personali ma uniti dalla collaborazione con Adriano.
In particolare Pampaloni comincia il suo percorso come responsabile della biblioteca di fabbrica. In seguito la sua carriera si evolve rapidamente e il suo legame con Olivetti si rafforza profondamente, tanto che Saibene ricorda come la sigla “Spa” della società venisse ironicamente declinata in “Se Pampaloni Acconsente”.
Lo sfondo politico e culturale dell’Italia olivettiana costituisce un’ambientazione vivace in cui le vicende e i personaggi si susseguono creando un intreccio ampio e articolato.
Particolarmente interessante è il capitolo intitolato “Ernst Bernhard e Adriano Olivetti: una traccia”. Il contatto fra i due sembra sia nato grazie al contributo di un’altra importante figura del panorama culturale italiano: Roberto, per gli amici Bobi, Bazlen. Nato a Trieste nel 1902 è stato uno dei primi scopritori di Svevo e amico, fra gli altri, di Eugenio Montale. Grazie a questo legame anche Olivetti viene coinvolto nel vortice della psicoanalisi che ruota attorno all’ambiente letterario del Novecento.
Cesare Musatti fu per un breve periodo psicanalista dell’imprenditore di Ivrea, prima che quest’ultimo scegliesse di proseguire le sue sedute a Roma con Ernst Bernhard, “ottima e cara persona più affine […] alla mentalità di Adriano”.
Dai ricordi di Musatti emerge un aspetto che cattura l’attenzione del lettore: “Adriano aveva il terrore di suo padre e delle scenate che gli faceva in presenza degli operai quando trovava qualcosa fuori posto […]. C’era dunque, questa frattura nella vita di Adriano Olivetti. Un grande affetto per il padre ma una grande soggezione nei suoi confronti: perché Camillo era un uomo molto più energico di lui”.
Le parole di Musatti sottolineano quanto Camillo apparisse autorevole agli occhi di Adriano e fanno emergere il dubbio che talvolta la sua autorevolezza sfociasse in autorità.
Il libro di Saibene porta a scoprire piccoli dettagli, talvolta del tutto inaspettati e inediti, della vita dell’imprenditore di Ivrea. L’effetto è quello di aumentare la curiosità del lettore che cercherà di ricostruire nella sua mente un’Italia attraversata da fervori politici e culturali che hanno portato con sé, seppure silenziosamente, un frammento dell’utopia olivettiana.
Cecilia Musulin