I dati sull’occupazione femminile in Italia sono allarmanti e non solo per la crisi dovuta alla Pandemia da Covid-19. Il nostro Paese, infatti, occupa il penultimo posto nella classifica Eurostat sull’occupazione femminile: in sostanza i dati evidenziano che una donna su due non lavora.
Le statistiche sono ancor più allarmanti per quanto riguarda le più giovani fasce di età. Peggio dell’Italia, solo la Grecia che, al momento, occupa l’ultimo posto della classifica europea. In Italia lavora il 49% delle donne, mettendo in evidenza un forte divario con la media del resto d’Europa.
Tra le ragazze con meno di trent’anni, il 25,4% non lavora, non studia e non è in cerca di un’occupazione: una tendenza davvero allarmante, visto che la media europea rilevata da Eurostat è del 67,7%, con la Germania capolista che “vola” con il 73,2%.
Emergenza occupazione femminile: in Italia una donna su due non lavora
Linda Laura Sabbadini, presidente del Women 20, gruppo del G20 che studia le politiche per le donne, ha analizzato nel dettaglio la situazione messa in evidenza dalla classifica stilata dall’UE.
«Nell’ultimo anno si è solamente aggravato un problema strutturale. C’è bisogno di pesanti investimenti e di sbloccarli in fretta, non è il momento della strategia dei piccoli passi. Bisogna muoversi su due fronti. Il primo è lo sviluppo di servizi educativi per l’infanzia come gli asili nido e di assistenza e cura per anziani e disabili: l’Italia non ha mai investito nel welfare di prossimità, siamo fermi a leggi vecchie decenni e mai applicate e, in generale, ad un sistema che si appoggia sul lavoro non retribuito delle donne. Il secondo fronte è un grande piano per l’imprenditoria femminile».
In sostanza, la crisi economica conseguenza della Pandemia da Coronavirus ha solo aggravato una tendenza già drammatica nel nostro Paese, dove il sostegno e l’incentivo all’occupazione femminile sono molto ridotti.
«Al momento gli stanziamenti previsti nel piano italiano non sono adeguati, è tutto troppo spezzettato. Per i nidi mancano tre miliardi, altri sette per l’assistenza. E all’imprenditoria femminile viene riservato meno di un miliardo. È imprescindibile che la parte di fondi non vincolata dalle indicazioni dell’Ue vada all’occupazione femminile, perché i due settori spinti dalla Commissione, il green e il digitale, danno lavoro soprattutto agli uomini e dunque non aiuteranno a risolvere il problema in maniera adeguata. La forbice si allargherà, anche se il tema non è il gap uomini-donne, ma in generale aumentare il tasso di occupazione femminile».
La classifica Eurostat: dopo l’Italia, solo la Grecia
Andrea Garnero, economista dell’Ocse, ha contribuito alla riflessione sul tema dell’occupazione femminile. «La recessione figlia della pandemia, rispetto alle altre grandi crisi del passato, ha la particolarità di aver colpito più i servizi della manifattura e per questo ha penalizzato maggiormente le donne».
«In altri Paesi questa differenza è stata meno marcata, perché in Italia è più spiccata la divisione per comparti, con settori a netta prevalenza maschile e altri, come i servizi alla persona, in cui lavorano soprattutto donne. Una svolta è necessaria, anche perché una bassa occupazione femminile è un pesantissimo freno alla crescita: famiglie con un solo reddito hanno meno entrate, quindi spendono meno, investono meno e chiedono meno servizi. L’economia fatta in casa non funziona».
Inoltre, è in crescita il numero degli “sfiduciati”, i quali, oltre a non avere un lavoro, hanno addirittura smesso di cercarlo. E, fra questi, il numero dello donne è sempre più alto.
Alessandra Rinaldi