“Che vuoi che sia”: mai sfidare il ‘Popolo di Internet’

È senza confini e senza guida. O meglio, troppo spesso va dove lo porta il vento. A volte si infervora come quello che prese la Bastiglia, altre si lascia chiudere gli occhi come in balia di una mano invisibile e, da quando ha la possibilità di incontrarsi e confrontarsi su piazze virtuali efficaci e spietate come i Social Network, è meglio cercare di farselo amico. Stiamo parlando del cosiddetto “Popolo di Internet”, una nuova nazionalità transnazionale, senza cittadinanza e senza passaporto, ma anche senza regole, di cui tutti facciamo parte, sia come esseri umani, sia come lavoratori.

La disavventura in cui si trovano invischiati Claudio e Anna, protagonisti del film “Che vuoi che sia”, diretto da Edoardo Leo, che veste anche i panni dello stesso Claudio, rappresenta alla perfezione il predominio e, allo stesso tempo, la dipendenza di tutti noi da questo strano popolo virtuale, sia nella vita di tutti i giorni, sia per la realizzazione in ambito lavorativo. Con una commedia esilarante, talvolta ai limiti del grottesco, Edoardo Leo e Anna foglietta rappresentano una coppia di giovani italiani come tante, incastrate tra la volontà di metter su famiglia con tutti i crismi e il desiderio di lavorare in autonomia, realizzando progetti per i quali hanno studiato e fatto sacrifici. Mentre Anna è un’insegnante (precaria, che ve lo dico a fare) Claudio è un ingegnere informatico che conosce bene i computer e le dinamiche della rete ed è convinto di dominarle con successo. Ma, quando in seguito a un colloquio di lavoro, gli viene proposto di dare il via a un crowdfunding per verificare quanto il suo progetto risponda alle esigenze dei consumatori, si trova disorientato dal poco riscontro che trova. La sua idea è creare un’App, Lavoro Advisor, che permetta di mettere in comunicazione domanda e offerta di lavoro col semplice uso dello smartphone, un progetto lodevole, ma che sembra non bucare lo schermo del Pc, come si dice, per cui ben pochi sono disposti a dargli fiducia e, di conseguenza, fondi volontari.

Deluso e dispiaciuto, dopo essersi ubriacato a una festa assieme ad Anna, Claudio registra un video che mette online, nel quale sfida apertamente il popolo della Rete: se inizierà ad accumulare abbastanza soldi, oltre a realizzare il suo progetto di lavoro, farà un video hard assieme all’ignara Anna e lo metterà sul Web. Quella che, complice l’alcol, sembrava solo una goliardata da adolescenti, la mattina dopo è già diventata virale e l’interesse e la curiosità del popolo di Internet si scatena. In molti iniziano a donare cifre sempre più alte e anche l’attenzione degli altri Media, in primo luogo della Televisione, non fa altro che ingigantire le conseguenze di ciò che Claudio ha fatto. Anna, inizialmente sconvolta, viene sospesa da scuola, ma poi finisce per convincersi che, pur di realizzare il sogno di una stabilità economica e anche di una famiglia, è disposta a dare in pasto al pubblico un episodio della propria intimità con Claudio, anch’egli sempre più deciso a non tirarsi indietro, fino a un sorprendente epilogo.

Il quesito di fondo, filo conduttore di tutta la pellicola impregnata di un umorismo e di un senso pratico squisitamente italiani, è fin dove siamo disposti a spingerci per realizzarci, sia nella vita lavorativa, sia in quella privata? In tempo di crisi e precarietà economica, si sa quanto questi aspetti dell’esistenza siano binari che, affinché il treno della vita non deragli, devono correre parallelamente senza intoppi: senza incontrarsi, ma anche senza scontrarsi irrimediabilmente, come probabilmente accade a Claudio e Anna.

Per quanto riguarda il mondo del lavoro, oltre al senso di instabilità che il nostro cinema italiano è ormai maestro nel raccontare, anche con un sorriso amaro, è interessante analizzare lo spirito critico con cui si illustrano metodologie che all’estero hanno permesso a molti imprenditori senza mezzi di realizzare i propri sogni, creando realtà lavorative oggi solide. Crowdfunding, Social Network e Web in generale, infatti, più che un luogo di incontro per essere sostenuti e aiutati anche a livello economico, per mettere in piedi un progetto lavorativo alla portata di tutti, sembrano mostri mitologici interessati solo al sesso e al pettegolezzo che chiedono uno scotto da pagare decisamente in contrasto con la dignità dell’individuo, sottolineando quanto il nostro Paese sia impreparato e, in un certo senso, indifferente a certe dinamiche di democrazia e meritocrazia 3.0.

Fortunatamente, a volte, sia per quanto riguarda la nostra vita privata, sia per quanto riguarda le nostre ambizioni lavorative, ci pensa le realtà a spezzare le catene del virtuale, grazie alle sue imprevedibili leggi non scritte e al ruolo imprescindibile del nostro libero arbitrio. Anche perché ciò che in Rete è virale oggi, domani (forse) sarà dimenticato grazie a qualcosa di ancora più virale…

Alessandra Rinaldi

Michela Tamai: storia di una Food Technologist Blogger

Quando intervistiamo una persona, la prima cosa che guardiamo sono i lineamenti del volto e gli occhi. Involontariamente, ci fanno capire tante cose, prima tra tutte se quello di cui stiamo parlando è un grande progetto e quanto è profondamente loro. Sarà scontato ma è una verità incontrovertibile.

Michela Tamai, una donna che da subito trasmette l’impressione di essere “una tutta di un pezzo”, nonostante il suo modo di parlare pacato e rilassato, si è illuminata immediatamente non appena  abbiamo iniziato a parlare del suo fantastico progetto che trovate all’indirizzo  foodmadewith.com.

Che cos’è foodmadewith.com?

Il nome del blog è già di per sé molto intuitivo. Si tratta di un blog sulla tecnologia alimentare. 

Foodmadewith è una piattaforma di facile consultazione che, nella sua semplicità, pone al servizio di tutti coloro che lo leggono tematiche tecnico-scientifiche riguardanti il mondo del cibo” ci ha spiegato Michela, aggiungendo che sul suo blog “Si può leggere di prodotti e innovazione, processo produttivo e tecnologia, qualità e nutrizione”.

In un’epoca come la nostra, dove vanno di moda ricette, chef e pagine dedicate ai diversi modi di fare cucina, questo blog ci ha colpito per il suo altissimo contenuto scientifico, in pieno stile Sistema Generale.

“In  foodmadewith.com non troverete ricette o consigli per rendere migliore la vostra pietanza, ma che voi siate responsabili ricerca e sviluppo e qualità in azienda, titolari di un’azienda alimentare o di un ristorante o semplici appassionati  che hanno voglia di sapere qualcosa di più del vastissimo mondo dello sviluppo e tecnologie di prodotti agro-alimentari, allora questa è la pagina giusta” ci ha detto Michela, descrivendo come il carattere divulgativo del progetto si coniuga alla precisione scientifica dei contenuti per i quali lei sta creando una bibliografia altamente qualificata e che, ovviamente, potete leggere sul blog.

Come e quando è nata l’idea di creare  Foodmadewith?

Abbiamo chiesto a Michela, come fosse nato questo progetto e la sua intervista è stata una meravigliosa chiacchierata intrisa di passione e competenza, della sua professionalità applicata alle tecnologie di oggi e alla sua voglia di far sapere al mondo della rete cose di cui si parla poco e spesso in modo molto scientifico.

Foodmadewith.com è nato esattamente così: durante gli ultimi anni del mio lavoro da Direttore R&D di una grande multinazionale del cibo, avevo accarezzato l’idea di creare questa piattaforma, cominciandola a plasmare solo quando ho deciso di dedicarmi alla libera professione come consulente R&D per l’industria agroalimentare. 

Del resto, lavorare per una grandissima azienda impegna molto lasciando poco spazio ad altri progetti e ho creato questa piattaforma, ritenendo che nel panorama informatico italiano mancasse un blog che seguisse le tematiche scientifiche alimentari in modo completo, trasversale ma anche accessibile e facilmente fruibile”.

E lei, che si definisce una Food Technologist Blogger, ha cercato di colmare questa mancanza, indirizzando il suo bagaglio professionale, le sue conoscenze, la sua curiosità, la passione e, non da ultimo, le ricerche che le venivano commissionate, per tenersi aggiornata e aggiornare il mondo. Senza improvvisazione.

Qual’è stato il percorso che ha portato Michela a diventare una  Food Technologist Blogger?

“Mi sono laureata in Scienze e Tecnologie Alimentari all’Università di Udine a metà degli anni novanta, per più di venti anni ho rivestito ruoli di crescente responsabilità nell’ambito della Ricerca e Sviluppo di Unilever, diventando poi Direttore R&D Technical Management per Unilever Italia e successivamente Direttore R&D Deploy Gelati e Tè per l’Europa, esperta in product development project management, team management e change management” ci risponde ricreando la sua personale linea del tempo professionale.

E questa cosa ci ha incuriosito ancora di più, come fa una persona a passare da una multinazionale alla libera professione? Che cosa ha significato per Michela Tamai? 

La risposta che ci ha dato con il sorriso ci è piaciuta tantissimo, perché lo ha definito “L’altra parte del mondo”, raccontandoci poi, con estrema disinvoltura, le differenze del mondo aziendale da quello della libera professione, che non troverete scritte in nessun manuale.

“Non è vero che il mondo aziendale è tutto uguale. Misurarsi con la piccola azienda significa vivere i rapporti in modo più vicino, significa prendere delle decisioni e viverle rapidamente, operare con time-to-market strettissimi, senza mai perdere il focus territoriale e locale. Le multinazionali sono invece intrise di complessità organizzativa e stratificazioni a qualsiasi livello, che richiedono tempo e investimenti. Ma sono quelle che permettono al professionista la capacità di misurarsi e confrontarsi con l’internazionalizzazione, con persone, culture e modi di vivere differenti, materialmente e virtualmente. Le grandi aziende, soprattutto se leader in un determinato settore, offrono grande formazione, competenze e specializzazioni di altissimi livelli  che sarebbe impossibile trovare altrove”.

Quanto è differente il lavoro da libero professionista in questo ambiente?

“Essere un libero professionista significa prima di tutto immergersi nella capacità di essere flessibili, interfacciandosi, lavorando e facendo consulenza dal piccolo operatore al grandissimo, dietro casa o dall’altra parte del mondo, senza passaggi intermedi” sorride Michela.

“Ho scelto di condensare tutte le esperienze del mio passato e le ho trasformate nella base di partenza per l’altra parte del mondo, scegliendo di intraprendere la libera professione. All’inizio non è stato facile per chi come me era abituata a vivere la dimensione aziendale, ma con il tempo ho  capito com’era meglio incanalare le mie energie e prima ancora le conoscenze per colmare i gap e il progetto di Foodmadewith è diventato piano piano una realtà”.

Da dove sei partita?

“Dalla base, scegliendo con cura la struttura del blog e ho cominciato a completarlo, pezzetto dopo pezzetto, convincendomi che non fosse mai abbastanza perfetto per entrare nel mondo frenetico della rete” continua a raccontare Michela, dimostrandosi, come in effetti è, una perfezionista “Ma ad un certo punto ho capito che il blog era pronto per farsi conoscere e, attraverso le piattaforme social, è stato presentato alla rete. Prima Facebook, un po’ per vedere l’effetto che faceva, poi LinkedIn, così il mondo ha conosciuto Foodmadewith e viceversa ed è stato un successo” ammette divertita.

E quali sono i progetti per il futuro?

Michela è una Team Player, lo si vede da come parla, lo capiamo dalle cose che ci racconta, dai progetti che ha già programmato nel dettaglio. 

“Le collaborazioni” ci dice in modo immediato “Il lavoro in team è fondamentale, è la soluzione. Creare un network di esperti dove ognuno possa seguire i topic del blog facendolo trasudare di passione e competenza, completandolo e rendendolo una piattaforma innovativa per i temi trattati sull’onda del nuovo modo di fare business, permettendo alle persone di trovare ciò che serve, sfruttando anche tipologie di contenuti differenti che possano essere usate dai tecnici aziendali o, perché no, anche dagli insegnanti, creando un luogo virtuale dove formarsi o dove chiedere una consulenza”. 

Parlare con Michela Tamai ci è piaciuto davvero tanto. E’ la struttura aziendale di sé stessa, dalle competenze ai piani di sviluppo e investimento passando per il training e, per quanto tutto questo possa sembrare una sfida, lei ha la stoffa per vincerla.

Non vogliamo raccontarvi tutto di Foodmadewith appositamente, per lasciarvi il gusto di scoprirlo giorno per giorno, articolo per articolo, perciò vi invitiamo a leggere i suoi contenuti e divenirne followers, perché ne vale davvero la pena.

Poi chissà, magari tra qualche anno ricorderemo questa data come il giorno in cui anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo presentato al mondo una nuova stella della rete.

In bocca al lupo a Michela e in bocca al lupo a  Foodmadewith.

https://foodmadewith.com

Francesca Tesoro

“Il complesso di inferiorità” di Enrico Mattei

“Io proprio vorrei che gli uomini responsabili della cultura e dell’insegnamento ricordassero che noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso di inferiorità che ci hanno insegnato, ovvero che gli italiani sono bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori di chitarra, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione industriale. Ricordatevi, amici di altri paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo vostro domani. Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi”.

Queste parole, ancora così attuali, sono state pronunciate nel 1961 da Enrico Mattei, uno dei più importanti industriali italiani del secondo dopoguerra, partigiano e fondatore dell’Eni nel 1953, in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Scuola di studi superiori di idrocarburi di San Donato Milanese. Questo e molti altri famosi discorsi dell’imprenditore marchigiano sono stati raccolti nel libro che prende proprio il titolo di “Il complesso di inferiorità”, Edizioni di Comunità ed è il terzo volume di Humana Civilitas, una collana che mette insieme una serie di brevi testi che testimoniano il pensiero di grandi personaggi, donne e uomini, che hanno reso ricca la Storia del nostro Paese nel secolo scorso.

Di famiglia semplice e con un passato da operaio, dopo aver frequentato con profitto l’università, Mattei ricopre un ruolo importante nelle fila partigiane a partire dal 1943. Quando, dieci anni dopo, fonderà l’Eni, Ente Nazionale Idrocarburi, avrà fin da subito l’intenzione di mettere in atto un modello innovativo di cooperazione energetica tra Stati, stringendo accordi che hanno minato il predominio delle cosiddette Sette Sorelle, le più note e forti compagnie petrolifere angloamericane. Appassionato di arte e attento alla formazione e alla ricerca di sempre nuove forme di energia, il lavoro di Enrico Mattei si è interrotto bruscamente quando è rimasto ucciso il 27 ottobre 1962 in un incidente aereo, ma il suo approccio rivoluzionario è ancora vivo nel ricordo di chi, negli anni successivi e fino ad oggi ha cercato di seguire le sue orme e il suo esempio, e lo dimostra l’attualità dei suoi discorsi. 

Al di là delle posizioni politiche e delle mosse imprenditoriali, ciò che colpisce è la volontà di riscatto che l’industriale cerca di comunicare con le sue parole di incoraggiamento e di lode verso il popolo italiano, da nord a sud, spingendosi anche oltre i nostri confini, verso l’Africa, visti i rapporti intensi legati all’uso delle materie prime necessarie allo sfruttamento dell’energia.

I concetti di dignità, collaborazione e affrancamento, sono, secondo Mattei, valori che accomunano i nostri popoli, entrambi sottovalutati sul mercato e, spesso, anche sul piano politico internazionale. L’unico modo per uscire dalla spirale dello sfruttamento è fare dell’autonomia e della fiducia verso il futuro una dote su cui lavorare concretamente attraverso il confronto. A tal proposito la preparazione, lo studio e la ricerca sono elementi fondamentali come i mattoni per costruire un futuro migliore, anche oggi.

Alessandra Rinaldi