Il GDPR, (General Data Protection Regulation- Regolamento UE 2016/679) è un Regolamento con il quale si rafforza e si rende più omogenea la protezione dei dati personali di cittadini dell’Unione Europea e dei residenti nell’Unione Europea, sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Unione europea. Il testo, pubblicato su Gazzetta Ufficiale Europea il 4 maggio 2016 ed entrato in vigore il 25 maggio dello stesso anno, avrà efficacia il 25 maggio 2018.
La regolamentazione europea per la protezione dei dati personali (GDPR) è una legge molto importante che coincilia due interessi in apparente contrasto: garantire la libera circolazione dei dati nella Unione Europea da un lato e difendere la libertà degli individui dall’altro.
La regolamentazione introduce significative novità rispetto alle regolamentazioni dei singoli Paesi, inclusa quella italiana in materia di trattamento dei dati personali.
Il GDPR ha implicazioni legali, tecniche e organizzative che le Aziende e le Amministrazioni Pubbliche devono soddisfare:
Dimostrare che l’Azienda sia “accountable” sulla legislazione: l’organizzazione deve mettere in atto misure organizzative specifiche per la legislazione quali ad esempio la nomina di un Responsabile dei Trattamenti (DPO, Data Protection Officer) e la definizione del suo rapporto con le altre funzioni aziendali. L’organizzazione a supporto del GDPR dovrà essere in grado di valutare la rischiosità dei trattamenti analizzandone le dimensioni tecniche, legali e organizzative.
Privacy by design e by default: vi è l’obbligo di progettare nuovi beni e servizi tenendo sempre a mente le prerogative quali la anomizzazione nel trattamento dei dati. Questo implica stabilire ed attuare requisiti tecnologici per far si che I sistemi che trattano I dati personali siano idonei a garantire la riservatezza, disponibilità e integrità dei dati trattati. Tali sistemi vengono individiduati mediante un’analisi organizzativa dei processi aziendali.
Consentire la giurisdizione estesa: la regolamenzaione si applica a qualsiasi organizzazione che raccolga e/o elabori dati personali di cittadini europei indipendententeda dove si trovino gli uffici fisici della compagnia. Questo significa che è necessario rappresentare tecnicamente i flussi dei dati all’interno dell’organizzazione, stabilire accountability organizzative e prevedere dal punto di vista legale e del rapporto con l’autorità vigilante il paese che sarà rappresentate di tutti gli altri coinvolti.
Gestione del consenso; le organizzazioni dovranno ottenere il consenso individuale di ciascun interessato per il trattamento dei propri dati personali fornendo indicazioni precise sulle finalità. Questo significa che dovranno essere predisposte informative aggiornate dal punto di vista legale rispetto a quelle in essere attualmente e che dovrà essere definita una modalità tecnica per la gestione dei consensi al fine di dimostrare in fase ispettiva di aver ottenuto il consenso per i trattamenti.
Obbligo di notifica in caso di violazione dei dati personali: le organizzazioni dovranno avvisare l’interessato entro 72 ore della scoperta di un incidente di sicurezza. Perchè quest’obbligo sia rispettato, è necessario che l’organizzazione abbia idonee misure tecniche per prevenire gli incidenti e, qualora accadano, essere in grado di segnalarli per la gestione legale dell’evento.
Diritto di portabilità dei dati personali: a ciascun interessato che ne faccia richiesta le Aziende dovranno essere in grado di fornire copia elettronica dei dati personali posseduti dall’organizzazione. Perchè questo importante requisito possa essere soddisfatto, è evidente che l’organizzazione dovrà avere un’idoneo sistema tecnico in grado di individuare tali informazioni all’interno del Sistema informativo aziendale allineato ai processi che le elaborano ai fini del trattamento.
Diritto all’oblio: I cittadini europei devono essere in grado di richiedere non solo la cancellazione dei propri dati personali da un’organizzazione ma anche il blocco della condivisione degli stessi dati con terzi che a loro volta sono obbligati a cessare la loro elaborazione. Questo requisito ha evidenti implicazioni sia dal punto di vista legale riguardo I contratti tra delle Aziende con I propri fornitori nel caso siano ad esempio coinvolti nel trattamento di dati personali di propri clienti/dipendenti/pazienti che tecnici per assicurarsi ad esempio che I dati personali siano cancellati realmente da tutti I sistemi compresi quelli di backup.
La nuova legge rappresenta uno strumento significativo per difendere la libertà degli individui in un mondo globalizzato dove la libertà dei singoli sembra avere una dimensione meramente utopica. Non esistono altri modi efficaci per ottenere la compliance GDPR se non tramite un approccio sistemico.
Non serve arrivare in fondo all frase che già si crea scompiglio. Il problema vero è capire cosa significa vaccinarsi, perché è una cosa tanto importante da essere, di contro, manipolata e messa in testa a manifestazioni di pensiero più o meno corrette e facilmente strumentalizzabili. Quanto è vero che i vaccini sono solo business e malefico inganno per alcuni e nuovo antidoto per la sopravvivenza del genere umano per altri?
Proviamo a mettere le cose nero su bianco, parlando di questo argomento con l’obiettività e l’approccio sistemico che ci contraddistingue.
Prima di tutto, ricordiamo(ci) l’importanza della vaccinazione e delle campagne di sensibilizzazione che si sono avute nella storia.
A voler essere precisi, già nell’Antica Grecia, Tucidide, storico dell’epoca, aveva osservato che i sopravvissuti all’epidemia di vaiolo del 429 d.C., erano diventati immuni alle ricadute della stessa malattia. Nelle zone orientali del mondo, invece si cercava di trovare una soluzioni alle falcidianti epidemie procedendo per tentativi, immunizzando le persone attraverso il contagio con il contatto diretto di soggetti malati nella speranza che poi sopravvivessero gli uni e gli altri, ma senza che tutto ciò avesse una struttura ben delineata.
Bisogna arrivare nella seconda metà del 1700 per incontrare il padre della vaccinazione, Edward Jenner, un medico inglese il quale per primo osservò come i contadini contagiati dalla variante bovina del vaiolo non si ammalavano e non contraevano la versione umana del virus, decisamente più grave. Così nel 1796, Jenner tentò l’immunizzazione di un bambino di otto anni, James Phipps, iniettandogli prima del materiale infetto prelevato precedentemente da una donna ammalata di vaiolo bovino e, mesi dopo, inoculandogli del pus vaioloso umano. Il secondo virus non attecchì e James sopravvisse all’ondata della pestilenza uscendone completamente illeso, divenendo così il primo soggetto vaccinato.
Tre anni più tardi, siamo nel 1799, in Italia, Luigi Sacco medico della Repubblica Cisalpina, vaccinò prima sé stesso e poi cinque bambini con il vaiolo bovino, verificando l’immunità propria e dei piccoli pazienti al vaiolo umano, proprio come aveva fatto Jenner. Dato il grandioso risultato, in meno di dieci anni furono vaccinati nel Regno d’Italia più di un milione e mezzo di persone. La vaccinazione anti vaiolo fu estesa anche al Regno delle Due Sicilie e, con l’Unità d’Italia, divenne obbligatoria per tutti i nati dal 1888.
Proseguendo, l’ottocento fu il secolo dei grandi progressi sanitari.
Nel 1880, Emil Adolf von Behring, grazie alla collaborazione con il collega giapponese Shibasaburo Kitasato a Berlino, riuscì ad immunizzare da tetano e difterite un animale sfruttando il siero ematico infetto di un altro animale, mettendo in essere una pratica tanto preventiva quanto curativa (quando le iniezioni avvenivano nella primissima fase sintomatica della malattia).
Nello stesso periodo, il medico tedesco Robert Koch, riuscì ad individuare la tubercolosi e il colera, mentre tra il 1879 e il 1885 il francese Louis Pasteur, risolse diverse infezioni batteriche (antrace e rabbia) creando vaccini da batteri indeboliti in laboratorio che determinavano l’immunità del corpo umano riducendo le reazioni violente dell’organismo umano a quei determinati batteri.
L’orologio della storia andava inesorabilmente avanti e nel primo novecento in Europa e negli Stati Uniti si susseguirono epidemie di poliomielite che, tra gli anni quaranta e cinquanta, uccideva o – nella migliore delle ipotesi – , lasciava paralizzate circa mezzo milione di persone ogni anno. Così, data la necessità di combattere il dilagare di questa malattia, due grandi scienziati americani decisero di trovare una soluzione scegliendo strade diverse. Il primo fu Jonas Salk che nel 1955 creò un vaccino da somministrare con iniezione. Il secondo, nel 1957, fu Albert Sabin che riuscì a sintetizzare un vaccino da somministrare per via orale. Tra i due fu ritenuto migliore il secondo e nel 1963 iniziò una campagna di vaccinazione mondiale che ridusse drasticamente i casi di poliomielite nel mondo e permise di debellare la malattia in Europa.
Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso fu poi il momento del primo vaccino contro il morbillo (1963) e a seguire quelli contro parotite (1967) e rosolia (1969). Il microbiologo americano Maurice Hilleman riuscì a combinarli insieme e, nel 1971, diede vita al vaccino conosciuto come trivalente e, negli anni successivi, sviluppò anche quelli contro epatite A, epatite B, varicella, meningite, polmonite e contro il batterio dell’influenza.
Volendo tirare le fila di questa breve sintesi storica, il vaiolo in meno di cento anni fu debellato e dichiarato sconfitto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1979, Pasteur diede vita alle vaccinazioni di massa migliorando decisamente lo stato della salute del mondo occidentale, se non fosse stato per i vaccini antipolio la metà della popolazione sarebbe rimasta uccisa o lesionata a vita, le scoperte vaccinali della metà del novecento continuano a proteggerci nonostante siano passati quasi cinquant’anni.
Allora, perché si discute tanto sui vaccini?
Anche se da molti decenni i vaccini hanno permesso di debellare le malattie e salvare milioni di vite umane, quello che oggi fa la differenza è la disinformazione che serpeggia tra le persone grazie alla rete che non sempre è usata nel modo giusto e che, a detta degli esperti, è tanto pericolosa quanto falsa. Il vero problema sta nel fatto che è (fin troppo) facile “buttare” nella rete fake news dalle quali diventa difficile difendersi, soprattutto quando sono ben costruite e seguono il comune sentire, riuscendo a rendere vero qualcosa che vero non è.
Andrea Grignolio, autore del libro “Chi ha paura dei vaccini?” e docente di storia della medicina alla Sapienza di Roma, intervistato da Valentina Stella, alla domanda su quale fosse il peso di internet circa la disinformazione in materia di vaccini, ha risposto che “tanto in Italia quanto in Europa e negli Stati Uniti vi sono un 65% – 75% dei siti che sono contrari ai vaccini rispetto al 35 – 40% che sono a favore dei vaccini. Questo significa che una madre che va su internet e digita la parola vaccini o vaccinazioni pediatriche è più probabile che trovi tali notizie false e terrificanti, che quelle autentiche”.
In questo mare di disinformazione emerge la figura di Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’università San Raffaele di Milano, divenuto paladino e volto della compagna pro vaccini che quotidianamente combatte con coloro i quali le vaccinazioni “proprio non le vuole capire” – come recita il sottotitolo del suo libro “Il vaccino non è un’opinione” -, nato dall’esigenza di dare un’informazione corretta e comprensibile, basata sulla verità scientifica costituita dai fatti, nonostante la difficoltà di far capire alle persone il metodo scientifico. Divenuto famoso negli ultimi tempi per le sue risposte piccate ma garbate a chi spara falsità sui canali di comunicazione di massa, Burioni spiega molto bene nel suo libro le ragioni scientifiche alla base della necessità di vaccinare i bambini.
Da padre poi sostiene che vaccinare è un atto d’amore nei confronti dei propri figli, da virologo lo ritiene un atto di protezione individuale e un atto di responsabilità sociale, perché se tutti si vaccinano la nostra comunità non consente la circolazione dei batteri del virus, proteggendo chi non può essere vaccinato. Scegliere di non vaccinare è irrazionale e ingiustificato. Prevenzione è la parola chiave e fondamentale, è l’arma migliore e passa attraverso le campagne di vaccinazione, non dovendo aspettare la recrudescenza di una determinata malattia per tornare a vaccinarsi. Lo stato deve proteggere i più deboli e sta allo stato imporre ai propri cittadini negligenti l’obbligo di farlo per tutelare i singoli e la collettività.
E proprio perchè in rete si ritrovano notizie false e terrificanti, Faq più o meno attendibili, facciamo un elenco delle risposte scientifiche alle contraddizioni più diffuse sulla questione:
Le vaccinazioni non indeboliscono o sovraccaricano il sistema immunitario, anzi lo aiutano e preparano il corpo a gestire un futuro contatto con quella malattia evitando effetti letali, prevenendo le patologie e le complicazioni conseguenti più gravi;
Ritardare le vaccinazioni non è un vantaggio, anzi lasciare un bambino scoperto e suscettibile di contrarre malattie può determinare anche effetti letali;
I vaccini, in quanto farmaci, possono avere degli effetti indesiderati che sono generalmente lievi, transitori e mai gravi;
Ricerche epidemiologiche hanno smentito nessi di correlazione tra i vaccini e situazioni patologiche, quali allergie, asma, autismo, malattie intestinali infiammatorie, epilessia, sclerosi multipla, morte in culla e diabete;
La comune credenza che il vaccino della trivalente causi autismo ha alla base una frode scientifica creata ad arte nel 1998 dal medico che aveva intenzione di brevettare un nuovo tipo di vaccino;
Se un determinato vaccino è in commercio è perché ha superato tutti gli step di controllo ed è ritenuto valido prima, durante e dopo tutte le sue fasi di somministrazione, quindi è ritenuto efficace per via del numero di malattie infettive di cui ha frenato l’incidenza;
Le aziende farmaceutiche guadagnano molto di più con la vendita e la produzione dei farmaci comuni che con i vaccini, eppure gli anti vaccinisti continuano a sostenere il contrario millantando complotti tra le grandi multinazionali farmaceutiche e gli stati;
Per ogni euro speso in vaccini se ne risparmiano almeno trenta in cure e il vero affare per le case farmaceutiche sono gli individui non vaccinati, considerando che nel 2015 il fatturato dipendente dai vaccini è stato pari all’1,4% della spesa farmaceutica italiana;
“È stato stimato che se non fosse per le vaccinazioni infantili (contro difterite, pertosse, morbillo, parotite, il vaiolo, e rosolia, nonché la protezione offerta dai vaccini contro il tetano, il colera, la febbre gialla, la poliomielite, l’influenza, l’epatite B, la polmonite batterica , e la rabbia) i tassi di mortalità dell’infanzia probabilmente sarebbero tra il 20 e il 50%. Infatti, nei paesi in cui la vaccinazione non è praticata, i tassi di mortalità tra i neonati ed i bambini piccoli rimangono in quel livello”. (Irwin W. Sherman, Twelve Diseases That Changed Our World, 2007, p. 66);
Le sanzioni per genitori che non vaccinano i figli non esistono solo in Italia. Per esempio: Usa, Canada e Giappone proibiscono l’ingresso a scuola dei bambini non immunizzati, l’Australia sottrae gli assegni familiari oltre che l’accesso a una serie di servizi statali a chi non vaccina i figli, la Germania multa fino a 2.500€ i genitori che non immunizzano i minori;
Negli altri paesi (non solo europei) i genitori, grazie anche al loro senso di responsabilità, vaccinano spontaneamente i figli e non serve alcuna obbligatorietà da parte dello stato per raggiungere l’immunità di gregge necessaria a fermare il diffondersi delle malattie e a garantire la salute pubblica;
Non è vero che in Italia ci sono più vaccini obbligatori che negli altri stati (europei) per puri interessi economici, ma è stata necessaria l’emanazione del decreto legge n.73/2017 sulle vaccinazioni.
Legge n.119/2017, perché?
A ben vedere la soluzione a questa domanda la si trova nelle prime righe dello schema del Decreto Legge n.73/2017 convertito poi nella legge 119.
Nell’incipit, infatti, viene riportata“la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni dirette a garantite in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale; ritenuto altresì necessario garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell’area geografica europea”.
Spieghiamo meglio.
Nel nostro paese, dal 2013 si è registrato un calo progressivo del ricorso ai vaccini, arrivando a non garantire più la copertura della soglia minima del 95% della popolazione raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e professore di patologia, ha ricordato come la stessa Oms nel mese di aprile dello scorso anno abbia ammonito il nostro paese per questo calo della copertura vaccinale, dichiarando l’Italia seconda solo alla Romania per i casi registrati di morbillo.
Di conseguenza, è stato necessario emanare un documento legislativo che garantisse il ricorso alle vaccinazioni, aumentandone il numero di quelle obbligatorie, con l’intento e la necessità ulteriore di contrastare la cosiddetta “esitazione vaccinale” che ha spinto molte persone a non vaccinare i propri figli o se stessi.
Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, riconduce questa tendenza ad una duplice ragione: la prima dipendente dai presunti rischi di danni neurologici e autismo legati alla somministrazione di vaccini – teoria questa già invalidata -, la seconda dovuta alla bassa percezione dei rischi delle malattie avendo dimenticato quanto siano potenzialmente gravi e pericolose.
Il problema però sta nel fatto che se la popolazione non si vaccina e non si mantiene quella soglia raccomandata del 95%, le malattie torneranno a riemergere, con conseguenze estremamente gravi, scegliendo come vittime primarie i soggetti non vaccinati per scelta o per necessità.
Purtroppo, le persone non capiscono la validità e la necessità di una cosa di cui non hanno diretta, immediata e tangibile ricaduta sul proprio piccolo, finchè qualcuno (in questo caso lo Stato) non li obbliga e, perché un obbligo sia valido, sono necessarie altrettante sanzioni.
Solo così può interrompersi quel circolo vizioso di noncuranza verso il bene pubblico che ha poi ricadute sul bene di ogni singolo individuo.
È innegabile che le vaccinazioni, nell’ultimo secolo, hanno migliorato la salute del mondo, abbassando decisamente il numero di morti e forme di disabilità legate a patologie endemiche ed infettive. Grazie alle campagne di vaccinazione è stato possibile, sempre nell’arco di tempo, debellare completamente alcune malattie infettive, mentre altre sono prossime all’eliminazione.
Il mantenimento del successo delle vaccinazioni e di una medio alta salute pubblica passa attraverso il maggior numero possibile di persone vaccinate. Se si abbassasse il livello di attenzione su questo argomento, infatti, si correrebbe il rischio di far riemergere patologie che si credono eliminate a causa dell’abbassamento della soglia della popolazione vaccinata.
Oltretutto, è comprovato che, se la percentuale di persone vaccinate supera la soglia del 95% ed è prossima al 100% un determinato agente infettivo non può più circolare, garantendo così la protezione di tutti, compresi quei soggetti che non possono vaccinarsi per pregresse patologie mediche o per età (Immunità di Gregge).
In conclusione, la vaccinazione non è solo una protezione del singolo, ma risulta essere soprattutto un atto di profondo senso civico che contribuisce a migliorare il livello di salute dell’intera comunità….E ricordatevi che il 10 marzo scade il termine per mettersi in regola e consegnare alle scuole l’idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, altrimenti niente scuola!
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L’autore raccoglie, inoltre, numerose testimonianze di tanti esperti e professionisti del Web e non solo, come Valentina Vellucci, Maria Pia De Marzo, Domenico Armatore, Davide Pozzi e molti altri.
Oltre all’analisi dei singoli Social Media e dell’importanza di unire un blog costantemente aggiornato al classico sito-vetrina per agevolare l’interazione col cliente, il testo spiega nel dettaglio cos’è e come funziona il SEO, Search Engine Optimization dei motori di ricerca e come, per ogni singolo canale di comunicazione, si possono creare contenuti in linea con poche e semplici accortezze, seguendo, passo per passo, le fasi descritte dall’autore, come un irrinunciabile approccio sistemico a questa disciplina. Alla base di ogni tecnologia, anche la più avanzata, restano sempre la capacità di ascolto dei propri clienti da parte dell’azienda e l’abilità di stringere relazioni con le varie community, interagendo con più componenti possibile e generando, dunque, non solo il desiderio, ma anche la vera e propria esigenza di condivisione dei propri contenuti da parte degli utenti.
Si giunge, così, alla conclusione che il Content Marketing è proprio alla portata di tutti, purché si faccia attenzione a rispettare una crescita graduale e strategica che produca i risultati necessari per permettere di generare le risorse utili da investire nella fase successiva, senza incappare nell’errore di creare immediatamente contenuti troppo ambiziosi, non in grado di ottenere i risultati sperati.
“La sostenibilità dell’investimento deve essere la parola d’ordine,” conclude Dario Ciracì. “La costruzione della reputazione di una marca inizia proprio dal feedback lasciato da un utente soddisfatto. Tutto il resto è secondario (…) Il futuro del Content Marketing è in realtà già il suo presente”.
Alessandra Rinaldi
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